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Nel pomeriggio del 24 Settembre 1943, durante le scorrerie compiute dai nazifascisti, nei pressi del Piano delle Cantine, un contadino, Pasquale Sibilia, fu svegliato dalle urla di sua figlia e, armandosi di fucile, uscì di casa per controllare cosa stesse succedendo.

 
 

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Sparò a un sergente dei paracadutisti, Donato Garofalo, che sembrava stesse rubando una gallina, e lo ferì a un braccio. Il militare rispose al fuoco e lo colpì all'inguine. Il comando tedesco, appresa la notizia, ordinò una feroce rappresaglia.
Oltre a Sibilia, i nazifascisti rastrellarono i primi civili che trovarono, risparmiando coloro in possesso della tessera del Partito Nazionale Fascista. L'esecuzione fu immediata: i militari spararono ai civili davanti ai parenti, le vittime furono sedici, compreso Sibilia.
Solamente uno di loro si salvò, Stefano De Mattia, il quale casualmente non fu colpito. Sfuggì agli occhi dei soldati perché creduto morto (svenne al momento della fucilazione), giacendo sotto i corpi dei compaesani.
I tedeschi lasciarono il paese il giorno seguente, a seguito dell'avanzata delle truppe canadesi in arrivo dalla Calabria. Dopo la liberazione da parte degli alleati, il comandante della guardia municipale e i paracadutisti italiani furono processati e successivamente assolti.